Lusetti: “Tutelare cittadini e imprese, contrastare speculazioni e arricchimenti da borsa nera”.
In seguito all’incremento dei prezzi delle materie prime iniziato nella primavera del 2020, l’inflazione al consumo mensile tendenziale ha raggiunto valori mai visti dall’ingresso dell’Italia nell’Unione Economica e Monetaria, attestandosi, a febbraio 2022, al +5,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. La guerra Russia-Ucraina sta aggiungendo ulteriori tensioni ai prezzi del gas e di alcuni prodotti alimentari. I forti incrementi di prezzo dei prodotti energetici, con tariffe nei prezzi al consumo cresciute del 130% nel periodo terzo trimestre 2020-primo trimestre 2022 (per calmierarne gli effetti il Governo ha stanziato, a partire dal secondo trimestre 2021, circa 20 miliardi a favore di famiglie e imprese) e quelli che potrebbero ulteriormente verificarsi per i prezzi dei beni alimentari stanno mettendo, e metteranno sempre più, pressione sui bilanci delle famiglie, dove energia e beni alimentari pesano per circa il 25% sul totale della spesa (4,3% per l’energia, 20% per alimentari). Le più penalizzate sono le famiglie a basso reddito, dove la quota percentuale di spesa per energia ed alimentari è maggiore rispetto a quelle con reddito più alto, con il rischio di allargamento dell’area della povertà e del disagio economico.
È quanto emerge dal report “Un’ondata inflazionistica che colpisce soprattutto le famiglie a basso reddito”, realizzato nell’ambito del progetto di ricerca Monitor Fase 3, frutto della collaborazione tra Area Studi Legacoop e Prometeia.
“Dopo due anni di pandemia, mentre ci illudevamo di un rapido ritorno alla normalità –sottolinea il Presidente di Legacoop, Mauro Lusetti- si è aperta vicino a casa nostra una guerra dagli esiti e dalla portata imprevedibili. Nonostante le nostre imprese e i nostri soci, come i cittadini italiani, lamentino già forti difficoltà, ci stiamo sforzando di osservare la situazione giorno per giorno, con realismo e responsabilità, lanciando il nostro allarme, ma tenendo i nervi ben saldi. D’altra parte è stato lo stesso presidente del consiglio, certamente non uso a pronunciare parole fuori posto, che quando ha paventato l’ipotesi di ‘razionamenti’ ha implicitamente evocato categorie da economia di guerra. Se questo è il quadro, mentre non ci iscriviamo al gruppo del ‘disfattismo’ che troppo facilmente prevede un crollo dell’economia italiana, d’altra parte dobbiamo essere conseguenti nel chiedere la massima severità nel fare luce, contrastare, ed eventualmente punire, speculazioni e arricchimenti da ‘borsa nera’ come quelli che, anche secondo il governo, sembrano avere riguardato il settore energetico e dei carburanti. Ne vediamo il terribile costo economico sui bilanci delle imprese, e l’impatto sociale sui bilanci delle famiglie. La fiducia e il benessere del paese sono l’unica arma che abbiamo, l’unica che deve interessarci davvero”.
I consumi energetici delle famiglie italiane (che rappresentano quasi il 30% del consumo finale energetico) vedono come prima fonte il gas naturale, che rappresenta il 51,6% del totale (quasi 20 punti percentuali in più rispetto alla media europea), seguito da energia da fonti rinnovabili e bioliquidi (20,3%) e da energia elettrica (19%, 6 punti percentuali in meno della media europea).
All’interno di questo quadro generale, emergono chiare differenze circa l’incidenza relativa della spesa che le famiglie destinano all’energia sulla spesa totale. La quota percentuale della spesa per energia è infatti maggiore per i decili di reddito più bassi, dove i rincari producono quindi effetti più pesanti. Lo si rileva, in particolare, per la spesa per elettricità, dove le famiglie con reddito inferiore alla mediana (i primi cinque decili) hanno una spesa relativa superiore alla media. Ad esempio, le quote del primo e secondo decile sono rispettivamente 4.1% e 3.2%, contro il 2.1% del nono decile e il 2% dell’ultimo decile, mentre la media è 2.5%. Per il consumo di gas, invece, il valore medio della quota di spesa è 4.1%; solo gli ultimi tre decili hanno una quota inferiore intorno al 3.7%.
La stessa dinamica si rileva per i beni alimentari, per i quali la quota percentuale sulla spesa totale è maggiore per i decili più bassi, con una distanza di quasi 13 punti percentuali tra il primo e l’ultimo decile di reddito. In particolare, rispetto ad un’incidenza media del 23,6%, per il primo decile la spesa per beni alimentari rappresenta il 31.8% del totale, per l’ultimo decile il 19%. Inoltre, mettendo in relazione le quote di spesa con la propensione al consumo, si osserva come le famiglie dei primi due decili non abbiano margini per incrementare la loro spesa (la propensione è superiore al 100%), mentre le famiglie con redditi più alti hanno una propensione inferiore al 100%, via via decrescente fino a poco più del 50% dell’ultimo decile.
Infine, lo studio rileva come l’effetto delle economie di scala sui consumi è evidente quando si prendono in esame le quote di spesa destinate a alimentari, elettricità e gas per numero di componenti familiari: quote decrescenti all’aumentare del numero di componenti familiari. La disaggregazione per territorio mostra una maggiore spesa relativa per alimentari ed elettricità nel Mezzogiorno, mentre l’utilizzo del gas è più rilevante al Nord.