In un contesto complessivo di crescente attenzione alla transizione ecologica, cui guardano con favore 8 italiani su 10, anche i consumi registrano in modo sempre più evidente l’influenza delle spinte green. Rispetto a due anni fa, gli italiani aumentano gli acquisti di prodotti made in Italy e a km. 0, riducono drasticamente quelli di prodotti di marca ed etnici, attribuiscono crescente importanza a salubrità e naturalezza dei prodotti, alla riciclabilità delle loro confezioni, al basso impatto ambientale, alla provenienza da filiera locale, alla riscoperta dei sapori tradizionali.
È quanto emerge dal Report “FragilItalia” – elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos con il supporto anche del Circular Economy Network-Fondazione per lo Sviluppo sostenibile (in continuità con la collaborazione avviata nel 2023 con il sondaggio sui consumi circolari) – in base ai risultati di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione, per testarne l’evoluzione delle opinioni relative al tema “Consumi e green”.
L’analisi ha riguardato l’assieme dei prodotti, dall’abbigliamento al cibo. A segnare gli incrementi percentuali maggiori rispetto alla precedente rilevazione sono gli acquisti di prodotti made in Italy (+ 24 punti percentuali) e di prodotti a KM. 0 (+ 11 punti); seguono, a distanza, i prodotti “light” che mettono a segno un aumento di 4 punti. Specularmente, il calo più forte riguarda gli acquisti di prodotti di marca (-54 punti). Per i prodotti bio, che segnano in numeri assoluti un netto incremento di vendite in Italia come in Europa, il sondaggio ha fatto registrare una contrazione del numero di acquirenti, segnalando l’esistenza di una fascia di consumatori che è costretta dalla crisi economica a modificare le sue abitudini di spesa.
Se invece si guarda alla classifica dei prodotti percentualmente più acquistati, le prime due posizioni sono sempre occupate dai prodotti made in Italy (dichiara di acquistarli il 61% degli intervistati, con punte del 75% tra gli over 65, e del 67% nel Nord Ovest e nel ceto medio), e dai prodotti a KM. 0 (acquistati dal 52%, che sale al 61% tra gli over 65 e al 57% nel ceto medio). In terza posizione si collocano i prodotti ecosostenibili, a basso impatto ambientale e i prodotti light, entrambi acquistati dal 44% (ma i primi in diminuzione di 1 punto percentuale, i secondi in aumento di 4 punti). Dal lato opposto, le prime tre posizioni sono occupate dal 76% (che sale all’87% nel ceto popolare) di chi ha diminuito gli acquisti di prodotti di marca (determinandone il calo, già ricordato, di 54 punti percentuali), dal 54% (che sale al 70% nel ceto popolare e al 66% tra gli under 30) di chi ha ridotto i prodotti biologici (che, come numero di acquirenti, calano di 20 punti percentuali nelle risposte degli intervistati in controtendenza rispetto al volume complessivo degli acquisti) e dal 51% di chi ha ristretto gli acquisti di prodotti etnici (il cui calo è di 32 punti).
Interessanti le indicazioni relative ai riflessi che la crescente attenzione complessiva alle tematiche del green e della sostenibilità esercita sulle future scelte di acquisto. Il 52% degli intervistati dichiara che aumenterà l’attenzione alla salubrità e naturalezza dei prodotti; il 50% alla riciclabilità delle confezioni ed al basso impatto ambientale dei prodotti; il 47% alla provenienza dei prodotti da filiera locale e alla loro capacità di far riscoprire antichi sapori; il 45% all’eticità dei prodotti che dovranno in primo luogo essere rispettosi dei diritti dei lavoratori.
Tutti orientamenti che presentano un forte saldo tra aumento e diminuzione, misurato in 46 punti percentuali per l’attenzione alle confezioni riciclabili, 45 per la salubrità/naturalezza dei prodotti, 44 per il loro basso impatto ambientale, 43 per la provenienza locale, 42 per la riscoperta dei sapori tradizionali.
“Sostenibilità, territorio, qualità sono ormai elementi cruciali nelle scelte di consumo dei cittadini – sottolinea Simone Gamberini, presidente di Legacoop – in questo senso l’esperienza del COVID ha accelerato tendenze già in corso e il costante aumento dei prezzi ha agito come ulteriore leva del cambiamento nelle scelte dei cittadini consumatori. In questa dicotomia (cittadino, che pensa al bene comune, e consumatore, che guarda al proprio portafoglio), i modelli collaborativi possono essere fondamentali. Le imprese cooperative da sempre sono attente all’ambiente, alla comunità ed alla sostenibilità dei consumi. Ma il modello cooperativo può essere anche una soluzione utile per attivare processi di economia circolare. La cooperativa riesce infatti a riconciliare l’io consumatore con l’io cittadino, introducendo meccanismi win win. Pensiamo ad esempio a sistemi di car sharing gestiti in forma cooperativa od alle comunità energetiche rinnovabili. Uno dei pilastri dell’economia circolare è infatti la condivisione, e riteniamo che sia necessario anche per la sostenibilità promuovere ed incentivare i meccanismi collaborativi propri delle cooperative”.
“In linea con quanto emerso dalla nostra rilevazione dello scorso anno, questi dati confermano l’attenzione dei consumatori alla sostenibilità dei prodotti, con particolare riguardo alle produzioni locali e al packaging -afferma Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network- una consapevolezza che deve fare i conti con l’inflazione e i maggiori costi per alcune categorie di prodotti ecocompatibili. In linea con quanto sta facendo l’Europa, ad esempio sugli imballaggi e sull’ecodesign, servono anche nel nostro Paese politiche che orientino il mercato in modo da premiare i prodotti da filiera corta e quelli progettati per essere più facilmente riciclabili. Con benefici per la salute umana, l’ambiente e l’economia. L’Italia, infatti, è Paese leader nell’economia circolare in Europa. E uno dei motivi sta proprio nella sua avanzata filiera industriale di riciclo dei rifiuti e in particolare degli imballaggi”.