Il progetto

Il progetto Memorie dal Popolo promosso da Legacoop Estense nasce nel 2023 e racconta la storia delle Case del Popolo in provincia di Ferrara, prima e dopo il fascismo, attraverso un documentario che raccoglie la memoria e la viva voce dei testimoni, un podcast che si occupa di contestualizzare storicamente questo evento centrale nella storia del “proletariato”, una mostra fotografica.

Nell'edizione 2024 a comporre il progetto sono:

un archivio e un museo virtuale che condensano in un sito questa straordinaria esperienza.

Il progetto è stato selezionato e finanziato sia nel 2023 sia nel 2024 dalla Legge regionale n.3/2016 della Regione Emilia-Romagna, che promuove e sostiene attività di valorizzazione della memoria del Novecento.

Quella delle Case del Popolo è una storia lunga più di un secolo....

Ispirate alle esperienze europee delle Maisons du peuple francesi, svizzere e belghe o delle Volkshäuser tedesche, le prime Case del Popolo rispondono alle finalità assistenziali delle Società di Mutuo Soccorso e delle prime leghe bracciantili e operaie. Nel tempo risponderanno ad esigenze sempre più diversificate e complesse: dal funzionamento delle cooperative di lavoro e consumo ai servizi culturali, assistenziali, ricreativi delle classi popolari.

Nella provincia di Ferrara, che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo è caratterizzata da condizioni bracciantili particolarmente dure (dovute soprattutto al “riscatto” del terreno attraverso l’opera di bonifica, che dà vita alla grande proprietà e ai latifondi), già all’inizio del Novecento vengono costruite le prime Case del Popolo in quasi tutti i comuni e nelle frazioni.

Le prime organizzazioni di classe bracciantili (leghe sindacali, società mutualistiche, cooperative di lavoro e di consumo) sono per lo più esperienze di matrice socialista ma non mancano anche le leghe di orientamento cattolico. La loro finalità è, principalmente, quella di supportare nella ricerca di lavoro e con azioni di assistenza sociale ed economica un bracciantato poverissimo, precario e pressoché privo di diritti a fronte di proprietari terrieri che detengono non solo il potere economico, ma anche politico e culturale. Anche per questa ragione i luoghi che i braccianti e gli operai organizzati decidono di costruire, le nascenti Case del Popolo, assumono un valore simbolico particolare: rendere tangibile la presenza, al di fuori dei campi e delle fabbriche e dunque del tempo di lavoro, di una classe sociale che acquisisce ed e tenta di elaborare, la propria autoconsapevolezza culturale e politica e lo fa costruendo materialmente e spesso su base volontaria questi luoghi di ritrovo, di autogestione e di solidarietà.

A causa della crescita esponenziale del movimento bracciantile e a causa degli scioperi per il carovita, determinati dalla crisi economica che fa seguito alla Prima Guerra mondiale, e che interessano tutte le categorie di lavoratori, Ferrara diviene il centro nevralgico del nascente squadrismo fascista. Saranno gli agrari a impadronirsi di questo movimento con il progetto di usarlo per zittire il movimento bracciantile: per fare questo assolderanno un giovane di belle speranze e senza scrupoli, Italo Balbo e sborseranno enormi quantità di denaro per fornire alle squadre da lui organizzate, camion, armi, motociclette, al fine di lanciare l’attacco al proletariato cittadino e delle campagne e, quindi, anche alle Case del popolo.

Dove non vengono distrutte, le Case del Popolo, nel momento in cui il fascismo diventa regime, vengono trasformate, con un atto di forte potenza simbolica, in Case del Fascio o in sedi del Dopolavoro fascista e alla guida di diverse cooperative vengono posti uomini vicini al regime. Private dell’autonomia e svuotate di quei contenuti sociali e politici che le rendevano un baluardo per la classe operaia e bracciantile, molte cooperative vengono ridotte allo stato fallimentare e sciolte.

Occorre attendere il Dopoguerra per una rinascita delle Case del Popolo. Laddove sono state risparmiate dai bombardamenti e non sono negate agli usi popolari riaprono o se ne costruiscono di nuove. Nella maggior parte dei casi sono gli stessi cittadini e cittadine a fornire manodopera gratuita e volontaria per edificare quelli che ora più di prima, dopo le esperienze della dittatura nazifascista, dell’occupazione e della Resistenza, rappresentano simboli di democrazia, riscatto, emancipazione e laboratorio politico. Nell’Italia in rapido cambiamento della ricostruzione prima e del boom economico poi, della Guerra Fredda e degli anni di piombo, le Case del Popolo diventano – anche in seguito alla creazione dell’ARCI negli anni ‘50 – spazi per una cultura spesso alternativa a quella scolastica ed ecclesiastica, per il dibattito politico e per l’educazione, anche politica ma non solo, delle classi popolari.

Oltre a sede di partito (comunista e socialista) e della CGIL, le Case del Popolo ospitano una biblioteca, una sala per incontri politici e culturali, spesso un bar e spazi ricreativi per feste da ballo e momenti conviviali. Specialmente nei piccoli centri, dove l’offerta ricreativa e culturale è limitata, questi luoghi diventano poli attrattivi e condivisi dalla popolazione, presenze quotidiane, fucina di eventi (in particolare le feste di partito ma anche cineforum, presentazioni di libri) che scandiscono il tempo di vita della comunità tutta, in molti casi a prescindere dalle appartenenze politiche.

Scopri i contenuti

Nella mappatura abbiamo riportato, ove presente, la data di prima fondazione all’inizio del Novecento.

Abbiamo poi riportato la data di fondazione dopo il 1945 e, dove siamo riusciti a reperire informazioni al riguardo, abbiamo specificato se si trattasse dello stesso edificio, di un altro edificio o di una costruzione ex novo.
La linea del tempo delle Case del Popolo ripercorre oltre un secolo di storia.

Un viaggio che unisce passato e presente, esplorando come le Case del Popolo abbiano risposto ai cambiamenti economici, politici e sociali.