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Lo squadrismo diventa “agrario”, militarizzato, equipaggiato

Vico Mantovani, il capo degli agrari, avvicina Italo Balbo, un giovane di “belle speranze”, personaggio spigliato, intelligente, ma dotato di una forte arroganza che, come vedremo negli anni dello squadrismo, si trasformerà in un vero e proprio ideale di violenza, scagliato contro quelli che, come recita nel suo “Diario 1922”, edito nel 1932, non sono più “avversari” politici bensì “nemici” da piegare alla propria volontà, se necessario anche con l’uso della forza, per farne il capo del nuovo fascismo e squadrismo agrario. 

Balbo, che proveniva dall’ambito repubblicano, nel momento in cui Mantovani gli chiedeva la disponibilità a diventare capo del movimento del quale gli agrari stavano cercando di impossessarsi completamente, si preoccupava immediatamente delle condizioni economiche alle quali avrebbe dovuto esercitare questo ruolo e pare che proprio per questo avesse chiesto in dialetto a Mantovani  “Cosa si prende a fare il fascista?”, avanzando, inoltre, la richiesta di un lavoro sicuro in banca, qualora l’operazione non fosse andata in porto e il fascismo non avesse preso il potere. Che Balbo inizi la sua esperienza fascista per soldi e non, come Gaggioli e altri fascisti della prima ora perché rivolto verso gli ideali del movimento è un aspetto molto interessante della storia del fascismo ferrarese e non solo. 

Gli agrari, entrando all’interno del fascio ferrarese, presero immediatamente in mano le squadre di picchiatori che Olao Gaggioli aveva organizzato e reso famose. La guida dello squadrismo, diventato agrario,  venne affidata a Italo Balbo il quale, per dare inizio alla nuova era, ebbe a disposizione ingenti capitali che gli consentirono di modernizzare i gruppi, che oggi chiameremo terroristici, dotandoli di armi a ripetizione, bombe, motociclette, camion, con i quali raggiungere velocemente ed in tanti “il nemico” e attaccarlo senza concedergli via di scampo.

La svolta agraria dello squadrismo cambiò il volto dello scontro con socialisti e leghisti, grazie alle qualità organizzative di Balbo, alla tecnologicizzazione delle squadre ed all’appoggio della gran parte delle forze dell’ordine che, dopo il 20 dicembre, come la gran parte della borghesia erano schierate con i fascisti, gli attacchi alle Leghe, alle Case del Popolo, alle cooperative di consumo, ma anche ad interi paesi, cominciarono a diventare frequenti e, soprattutto, vincenti.

Lo stupore del mondo bracciantile e socialiste, di fronte ad un attacco che era passato dagli scontri praticamente paritetici tra socialisti e fascisti della prima ora ad una vera propria guerra contro il proletariato agricolo e i suoi rappresentanti condotta con mezzi e forze soverchianti, dimostrava in maniera evidente che l’idea, propagandata dagli agrari e dai fascisti, per portare dalla loro parte la borghesia estense, che i socialisti fossero pronti ad una rivoluzione di stampo sovietico, era assolutamente fuori dalla realtà.

Se così fosse stato le Case del Popolo, simbolo dell’identità popolare, che tanto dovevano aver infastidito in quei quarant’anni di vita i liberali borghesi e aristocratici, così come le cooperative di consumo che in quei decenni di vita avevano aiutato i lavoratori delle campagne a condurre una vita meno misera e le Leghe che avevano accompagnato, seppur con modalità a volte discutibili, verso la conquista di diritti e condizioni di vita un po’ meno pesanti, non sarebbero state distrutte con così tanta facilità.